I volontari della disabilità e l’emergenza Coronavirus: la sfida (possibile) di modificare l’assistenza
Soccorso sanitario a
domicilio, assistenza scolastica a distanza, sostegno
psicologico via telematica o per telefono, spesa online e
consegna direttamente a casa, solidarietà
digitale, utilizzo diffuso dello smart working. Dopo circa
un mese dal contagio del Coronavirus, con oltre duemila
decessi solo in Italia, l’intera popolazione ha cambiato
profondamente la propria vita e sono tantissimi coloro che stanno utilizzando
questi strumenti. Alessandro Cannavò su InVisibili ha
scritto un post dedicato al tema nel quale evidenzia che, però, “la
quarantena non è uguale per tutti”. Intanto bisogna stare in
casa almeno fino al 3 aprile in tutta Italia, spostandosi solo per le
emergenze, nei pochissimi casi delineati dalle autorità competenti.
Tutte le attuali
limitazioni, che sottolineiamo peraltro essere obbligatorie e giustissime, non
hanno colto del tutto impreparate determinate fasce della cittadinanza. Le
persone con disabilità, che sono oltre 4 milioni nel nostro Paese (fonte:
Istat), per vivere in maniera dignitosa, prima che si verificasse
l’epidemia virale, facevano già ampio uso, tra le varie cose, di dispositivi
tecnologici, di servizi digitali, di spesa online con consegna a casa oltre che
di ventilatori elettronici da usare nella propria dimora e servizi di
fisioterapia domiciliare. E’ fondamentale che il governo continui a
garantire tutti i servizi essenziali di assistenza rivolti alle persone disabili.
Si stanno verificando tanti disagi che si vanno a sommare alle criticità che
già vivono ogni giorno bambini, donne e uomini con disabilità psichiche,
intellettive, motorie, sensoriali e anziani non autosufficienti. Il governo, dopo anche molteplici segnalazioni e richieste
precise da parte delle associazioni delle persone con disabilità, ha inoltre
stabilito nel decreto legge “Cura Italia” di chiudere tutti i
Centri diurni per disabili (Cdd) sull’intero territorio italiano. Finora,
questione confermata anche dalle stesse organizzazioni di persone disabili, le
famiglie non avevano ritirato autonomamente i propri parenti disabili per
timore di perdere il servizio presso le strutture.
Queste persone, le loro
famiglie, le associazioni e gli enti del Terzo settore,
chiedono, a vario titolo, urgenti provvedimenti specifici da realizzare a
beneficio di chi si trova già da tempo in condizioni difficili e sono soggetti
particolarmente sensibili all’eventuale contagio del virus letale. Vengono
inoltre richieste con tempestività agli enti preposti informazioni dettagliate
e sono sollecitati aiuti concreti per sostenere subito le persone con gravi
disabilità. Riguardo questi disagi che vivono le persone disabili durante
l’epidemia di Covid-19 ho scritto un’inchiesta sul Fatto.it. InVisibili ha
raccolto varie conferme sulla mancanza di aggiornamenti puntuali sulle buone
prassi da seguire, sul fatto che dopo oltre un mese in Lombardia le
famiglie delle persone con gravi disabilità non sono ancora state contattate da
nessun ente preposto per aiutare proprio questi soggetti, oltre che sul problema
dei numeri verdi messi a disposizione dalle autorità quasi sempre occupati,
criticità che peraltro anche diversi altri articoli hanno evidenziato.
Tra le notizie di decessi e
nuovi casi di positività da Covid-19, c’è da registrare anche la morte, pochi
giorni fa, di una persona disabile che frequentava a Brescia il centro
diurno “Il Gabbiano”. Il caso era stato sollevato da un collega con un articolo
scritto nelle pagine interne della cronaca di Brescia sul Corriere.it. La
vicenda, comunque, apre scenari molto complessi a livello giuridico ed etico.
Nonostante tutto, è importante tenere a mente una cosa: niente panico ed evitiamo
qualsiasi forma di allarmismo perché questi atteggiamenti sono inutili
oltre che potenzialmente assai dannosi in questo momento delicatissimo. Questa,
invece, è l’ora della razionalità e di seguire precisamente le indicazioni
degli esperti in materia. E’ sempre positivo ricordarlo a tutti.
Che cosa si sta facendo per
le persone disabili? E’ la domanda più ricorrente sui
social, sulle chat di gruppo, nelle telefonate tra amici, nelle mail. Sono
diverse in tutta Italia le iniziative proposte, in particolare dalle
associazioni e gli enti no profit, per aiutare proprio quei milioni di persone
con disabilità, gli anziani non autosufficienti o gli immunodepressi ad
affrontare con consapevolezza e attenzione questa emergenza. Le
organizzazioni e le famiglie sono da sempre al loro fianco, in prima linea,
spesso h24, e stanno mettendo in campo tutte le loro risorse e competenze
professionali, materiali, oltre che umane e affettive. Ognuno a seconda del
proprio ruolo sta cercando di dare il proprio contributo. Stiamo parlando, tra
le diverse categorie coinvolte, di migliaia di operatori, volontari, educatori,
insegnanti di sostegno, assistenti educativi, assistenti sociali, caregiver
famigliari. Costoro, insieme al personale socio-sanitario che opera da
settimane senza sosta negli ospedali, stanno cercando di opporsi all’epidemia
di Sars Cov 2. Siamo di fronte ad una reale battaglia contro il tempo.
Sono tanti i “progetti
anti-Coronavirus” portati avanti con finalità solidali e grazie anche al
supporto del volontariato e del no profit. Diversi sono quelli segnalati
a InVisibili, ve ne riportiamo due in particolare, pur consapevoli
che ce ne sono molti altri lodevoli che meritano altrettanto spazio e
visibilità.
- Per proteggere e continuare ad aiutare
le oltre 6000 persone con SLA in Italia, AISLA, Associazione
Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, presente in tutto il
territorio nazionale con 300 volontari, ha messo in campo diversi
strumenti e iniziative a sostegno dei pazienti e delle loro famiglie: è
attivo il Centro d’ascolto (02/66982114 e centroascolto@aisla.it), il
numero a cui rispondono gratuitamente gli esperti dell’associazione
(medici, psicologici, infermieri). Inoltre è stata attivata una
piattaforma per le videoconferenze per mettere in
contatto volontari, medici e persone con SLA. Questa piattaforma è
utilizzata, per esempio, per mantenere attivo a distanza il servizio di
consulenza psicologica, che Aisla offre gratuitamente ai pazienti, e per
portare avanti riunioni e corsi di formazione destinati a medici e
volontari (info@aisla.it).
- Confederazione Parkinson Italia Onlus, rete
nazionale delle Associazioni delle persone con Parkinson, e Careapt –
giovane start up del gruppo Zambon dedicata allo sviluppo di soluzioni
digitali per la gestione delle malattie neurodegenerative – hanno dato
vita ad una iniziativa congiunta per offrire sostegno alle persone con
Malattia di Parkinson che vivono nelle regioni di Italia più colpite
dall’emergenza Covid-19 (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte),
già da molti giorni costrette nelle proprie case, attraverso il programma
di teleassistenza infermieristica specializzata ParkinsonCare.
Da mercoledì 12 marzo al 12 giugno, infatti, per queste persone sarà
possibile accedere a ParkinsonCare a titolo gratuito. Per
ricevere assistenza basterà chiamare il numero fisso 02 2107 9997 o
inviare una mail a info@parkinsoncare.com.
Il servizio sarà attivo ogni giorno dalle 9.00 alle 18.00 da lunedì a
venerdì.
Nessuno venga lasciato
indietro e abbandonato. Prima le persone.
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