Bonafede-Di Matteo: questa volta è la politica a fare invasione di campo


La caciara politica attorno al caso fa dimenticare che è la magistratura che dovrebbe muoversi per fare piena luce. O l’obbligatorietà dell’azione penale è diventata un optional?
Avevo un amico, più anziano di me e ormai passato a miglior vita, che non era riuscito a dimenticare la passione per le belle donne nemmeno in quella fase della vita che abitualmente dedichiamo a solitarie passeggiate nei giardini o a prenderci cura dei carissimi nipotini. Gli chiesi una volta se mai si fosse trovato in difficoltà, dato che presumibilmente, alla sua età poteva non essere in grado di rispondere in ogni momento alla bisogna. “Mai – mi rispose –  perché se capita, ho un metodo infallibile: la butto in politica”.
Mi è tornato alla mente, nitido, il ricordo di questo amico per la oscura e velenosa vicenda che vede contrapposti il ministro della Giustizia Bonafede ed il magistrato Di Matteo. La questione, subito, è stata buttata in politica. Ed è così, come nel caso dell’amico, che sono state dimenticate altre incombenze. Semplici e nitide. Perché o il magistrato Di Matteo è in grado di dimostrare l’insinuazione che vuole il ministro Bonafede succube dei mafiosi nella nomina del responsabile del dipartimento affari penali. Oppure il grande teorico della “trattativa Stato-Mafia” ha calunniato il ministro. In entrambi i casi, qualche procura dovrebbe adempiere al preciso dovere di una azione penale. Ed anche il CSM, del quale Di Matteo fa parte, dovrebbe, magari, intraprendere una azione disciplinare. E, invece, per ora, quello che più si nota è una grande buriana politica. Da parte di chi dovrebbe astenersi, cioè il mondo politico nel suo complesso. Che dovrebbe attendere l’accertamento dei fatti compiuto dalla magistratura e poi esprimere valutazioni.
La magistratura, incline ad occuparsi di questioni che competerebbero alla politica quando sono accese le luci della ribalta, trovatasi, per una volta di fronte ad una questione di stretta competenza penale, fa di tutto per non occuparsene. E la politica, abitualmente irritata per le invasioni di campo che deve subire dalla magistratura, è squassata dalle polemiche senza avere alcuna competenza in merito e, dunque, invade a sua volta il campo che è della magistratura. Insomma: a parole politici e magistrati evocano ad ogni piè sospinto la separatezza scritta a chiare lettere nella nostra Costituzione. Ma, nei fatti, il minestrone piace agli uni e agli altri.
Nicola Cariglia | 10 Maggio 2020

Commenti

Post popolari in questo blog

Anniversario della morte Manfredo Pareto Swift, il ricordo