Pure la scuola diventa una rogna per la Lombardia. Negli istituti convenzionati con la Regione mancano le protezioni
Sembra incredibile ma pure la riapertura delle scuole
rischia di diventare una rogna per il Pirellone. Docenti, personale e famiglie
degli alunni degli istituti di formazione professionale convenzionati con la
Regione Lombardia, infatti, lamentano carenze nella fornitura delle mascherine
e dei dispositivi di protezione individuale dall’inizio delle lezioni in
presenza. Proteste accese che rischiano di creare nuovo imbarazzo al
governatore Attilio Fontana che, non più tardi di 24 ore fa,
sembrava convinto che tutto da parte della sua amministrazione fosse stato
fatto alla perfezione.
Proprio per questo, in quella che oggi sembra una
pessima scelta dei tempi, si era lanciato nell’ennesimo attacco all’esecutivo a
causa dei ritardi nelle forniture dei materiali alle scuole, spiegando che se
ci fosse stata “maggior autonomia alle Regioni” in questo settore allora “non
ci sarebbero stati tutti questi problemi”. Evidentemente non devono pensarla
allo stesso modo i manifestanti come anche il consigliere lombardo di
Azione, Niccolò Carretta (nella foto), che, portando avanti le
istanze dei dimostranti, si è rivolto all’assessorato all’Istruzione della
Regione Lombardia chiedendo che “l’assessore Rizzoli chiarisca circa gli oneri
di Regione Lombardia per la fornitura di mascherine a docenti, studenti e
personale scolastico in questi particolari istituti con convenzione regionale”.
Questo perché, spiega in una nota il consigliere di
Azione, “mi risulta che non ci siano stati sviluppi, ma intanto le scuole sono
ricominciate e tutti gli strumenti di protezione individuale dovrebbero essere
garantiti”. Ma che qualcosa si era inceppato nella ripartenza delle scuole in
Lombardia, è chiaro da tempo. Già nei giorni precedenti alla riapertura, il
Movimento 5 Stelle aveva più volte segnalato i pesanti ritardi imputabili al
Pirellone e, cosa ben più grave, aveva chiesto di evitare “il caos sull’obbligo
mascherine al banco di scuola” scaturito da una delibera definita addirittura
“caotica”.
L’ATTO REGIONALE INCRIMINATO. Fatti per i quali il
consigliere regionale grillino Gregorio Mammì, proprio ieri, si è
spinto, fin qui senza trovar alcuna risposta, a chiedere chiarimenti alla
Regione Lombardia. “Alcuni istituti, come ci è stato segnalato, stanno
chiedendo agli studenti l’utilizzo continuativo delle mascherine, anche al
banco e nonostante il distanziamento perché l’ultima delibera della giunta
regionale della Lombardia, la 604 del 10 settembre, è confusa e ambigua”, ha
spiegato Mammì. Un duro atto d’accusa a cui, rivela ancora il consigliere 5S,
“l’Assessore Rizzoli e il Presidente hanno risposto sostenendo di aver fatto
bene i compiti”.
Peccato che le cose sembrano non stare affatto così
perché, spiega ancora il pentastellato, “la delibera, che impone l’uso della
mascherina negli edifici pubblici sta creando il caos” e per questo è
necessario “chiarire agli istituti che valgono le linee guida dell’Istituto
Superiore della Sanità” e quindi che “nelle scuole le mascherine sono
necessarie solo negli spostamenti e solo in quei casi dove non è stato
possibile distanziare i banchi”. Può sembrare una questione di poca importanza
ma questa poca chiarezza, sempre secondo il consigliere, si traduce nel
concreto rischio di “vanificare gli sforzi” fatti “questa estate per ottenere
gli standard di sicurezza necessari” nei numerosi istituti e, cosa ben più
grave, potrebbe generare anche contraccolpi e disagi “per i bambini e i ragazzi
che hanno diritto a un anno scolastico in piena serenità”.
– Sono tredici in tutto gli impresentabili alle
prossime elezioni regionali, secondo il codice di autoregolamentazione dei
partiti e la legge Severino. Di questi, undici per il codice di
autoregolamentazione e due per la legge Severino. E’ quanto emerge dalle
considerazioni della Commissione Parlamentare Antimafia, in base alle verifiche
disposte attraverso la Direzione Nazionale Antimafia.
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