Coronavirus, la mancanza di senso civico porta all’opzione militare (di L. Zacchetti)
Nonostante i numerosi
richiami, a Milano e in Lombardia ci sono ancora troppe persone che circolano.
Paradossalmente dobbiamo chiederci cosa vogliamo mettere a rischio: la
democrazia o la vita?
Coronavirus, in Lombardia la
mancanza di senso civico porta all’opzione militare
Evidentemente non
basta. Non bastano gli inviti dei sindaci e
quelli del presidente
della Regione Lombardia contro il pericolo Coronavirus. Non
bastano gli appelli alla responsabilità dei personaggi famosi e nemmeno notizie
e immagini scioccanti come quelle che provengono da Bergamo e
Brescia. Non basta la consapevolezza che chi muore di Covid-19 muore da
solo, senza nemmeno il conforto di un ultimo saluto ai propri cari. Non basta
sapere che, anche se si ha la fortuna di portare a casa la pelle e di non avere
nemmeno un sintomo, si può essere killer involontari del proprio vicino di
casa, del proprio coniuge, dei propri genitori, dei propri figli.
Non basta nemmeno la
strategia della positività: invece che mettere solo divieti, si è provato a far
presente che di fronte a blocchi rispettati seriamente (come a Codogno e
prima ancora a Wuhan),
la curva dei nuovi contagi si è fermata. Non basta, soprattutto, un
decreto come quello in vigore, che pur essendo molto restrittivo rispetto alle
libertà costituzionali ha lasciato la facoltà di praticare sport all’aria
aperta. Mi spiace dire che noi milanesi e lombardi non abbiamo utilizzato
granché bene questa libertà, fino ad oggi.
C’è ancora troppa gente in
giro e non solo per impellenti necessità di lavoro o sussistenza. Certo, gli
affollamenti sui mezzi pubblici la mattina presto dipendono dall’errore
strategico di aver ridotto
le corse, con annesse polemiche tra Comune e Regione, ma non si può
dare la colpa a nessun altro che non a noi stessi, se andiamo a fare la spesa
tre volte al giorno, se con la scusa dei bisogni del cane facciamo il giro del
quartiere e se non capiamo che la salutare corsetta all’aria aperta sarà pure
permessa dal decreto, ma se la facciamo tutti insieme è come giocare alla
roulette russa per vedere chi è più fortunato.
Mi pare inevitabile che
questa facoltà venga eliminata da una rapida correzione del decreto, come
peraltro anticipato dal ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, ma temo che
nemmeno questo basti. A fronte di oltre 44mila denunce per uscite da casa
irregolari, in una sola settimana, l’ulteriore stretta paventata dal
governatore lombardo Attilio Fontana pare ineludibile. A fronte dei gruppi che
si radunano al bar per giocare a carte, per fare delle passeggiate lungo il
Naviglio o semplicemente per chiacchierare sulle panchine dei parchi che non si
possono chiudere, urgono misure estreme.
Che si tratti di
sottovalutazione del problema o, più probabilmente, di rimozione psicologica
collettiva di un nemico che genera troppa angoscia, in quanto invisibile,
occorre correre ai ripari. Sarebbe auspicabile una presa di coscienza, ma
il tempo stringe e l’unica soluzione plausibile è la presenza dei militari a
presidio del territorio, per far rispettare le norme che possono salvare la
vita (e l’economia) di quella che fino a oggi è stata la locomotiva del Paese.
Mai avrei pensato di
giungere a una conclusione del genere solo qualche anno fa, quando sostenni la
necessità di interrompere l’operazione “Strade sicure”, che avvolgeva Milano in
un manto di cupezza, ma senza reali benefici: i militari non avevano potere di
intervento diretto e, in caso di necessità, dovevano rivolgersi alla
polizia. A differenza di allora, il pericolo è reale – sebbene non
tangibile – e le potenziali conseguenze disastrose. Per provare a fermare il
disastro sanitario, al quale farà seguito quello economico, non c’è altra
strada.
Prevengo l’obiezione: si
stanno creando le premesse per la messa in discussione della democrazia, anche
perché quando si mettono per strada le forze dell’ordine non è mai certo quando
se ne andranno. Certo, con il Coronavirus il
pericolo è reale, anche per la grave crisi economica che si sta affacciando
all’orizzonte, ma altrettanto pericoloso è il fatto che si venga monitorati
negli spostamenti attraverso la rete dei cellulari. Purtroppo, però,
tale controllo ha rivelato che quattro lombardi su dieci ancora continuano a
muoversi come prima. E così rischiamo di giocarci molto di più.

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